Hi there! I'm back to my beloved Ancona, after a wonderful tour in Sicily. What to say? Sicily is a kind of "promised Land" for food, sea and people. Nothing to complain about them. Although it's very hard to stand the high traffic and the bad public services (very dirty places, museums with few information, small roads, no observance of the circulation rules). But still, a dream of place, and - especially - people.
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Ciao a tutti, sono tornato sabato notte dalla Sicilia. Che dire? Fantastica, sotto quasi tutti i punti di vista. Su tutti, il mare, il sole, la gente ed il cibo. Il "quasi" - ahimè - è sempre sui soliti tasti: brutte strade, posti mediamente molto sporchi (lasciamo stare lo scandalo di San Vito lo Capo), osservazione del codice della strada pressoché nulla, musei e centri storici tenuti male, con poche informazioni e poche guide). Nonostante ciò, resta un posto da sogno, ingiustamente (ed in malafede) bistrattato dalla stampa, che diffonde l'immagine di una terra arida (ma quando mai!) dove avvengono esclusivamente delitti di mafia. Invece la gente è splendida, mi sono sentito come a casa mia.
Visit Le Marche
Bringing people to dreaming tours in Le Marche since 2003
Monday, May 16, 2005
Wednesday, May 04, 2005
Sauro Marini_ mostra di fotografie di Ancona
Ricevo (e pubblico) da Sauro Marini l'invito alla mostra fotografica all'Historia Cafè di Ancona, in Corso Carlo Alberto.
Ottimo fotografo, bellissimo sito di foto, sicuramente una mostra da vedere, se si passa di qui.
Ottimo fotografo, bellissimo sito di foto, sicuramente una mostra da vedere, se si passa di qui.
Diario Uk: 12 e 13 Aprile
Venerdì 8 Aprile, Londra
9, 10, 11 Aprile, Devon
Per la traversata da Exeter a Liverpool, mi servo dell'autobus: sul sito della National Express trovo un'offerta (naturalmente, prenotando con anticipo di 2 settimane) a sole 10 sterline. Il treno, pur impiegando 4 anziché 8 ore, costa il quadruplo. Scoprirò poi il perché. Dei pullman e relativo servizio mi colpisce la puntualità e la meticolosità nel check-in e nella sistemazione dei bagagli. Il viaggio, nella prima parte - fino a Birmingham - procede tranquillo. Approfitto dei 40 minuti di sosta a Bristol per farmi un paio di sandwich. A Birmingham, verso ora di pranzo, mi prendo una zuppa di verdure. E' interessante come si riesca a mangiare piuttosto sano e con poca spesa (ve lo sareste mai immaginato in UK?) in tutti i centri cittadini e le stazioni di treni e bus toccate. In Italia, per esperienza, ciò non è più possibile da anni: stiamo adottando la cultura non già del fast-food, che quello c'è sempre stato (le saraghine a scotadeti, più fast di quelle!), ma del trash food, cioè la merda a costo alto. Alzi la mano chi ancora riesce a a mangiare bene in una qualsiasi stazione d'Italia. Ovvio, poi c'è sempre l'eccezione: da Gino, di fronte alla stazione di Ancona, stoccafisso all'anconetana da urlo, a prezzo ridicolo. Ma è di fronte, non dentro, e se uno volesse solo un panino, è impossibile trovarlo.
La seconda parte del viaggio, da Birmingham a Liverpool, è un incubo: a Stoke-on-Trent, a causa di un non meglio precisato intoppo, ci troviamo in un traffi-jam da brivido. Morale: 3 ore per percorrere venti chilometri, e arrivo a Liverpool con due ore di ritardo. Fosse accaduto in Italia, giù tutti a vomitare insulti sul sistema, sul Governo (qualunque colore) e sugli italiani (se passeggeri nord-europei). Qui, la calma regna sovrana: forse è il prezzo da pagare, oltre ai 10 puond...
Intanto, il mio povero amico Hanno, uno dei pochi ancora senza cellulare (superstite!), si fa due ore di noia (e per fortuna, anche di spesa al supermercato!). Un taxi - sono molti, economici e si chiamano con un semplice cenno della mano, dovunque siano - e via verso casa per cena. La sensazione, all'arrivo, è di una città in decadenza. Un'aria strana aleggia nei quartieri, un misto tra il popolare "livornese" (e Livorno - non a caso - ha molto in comune con Liverpool) ed il grigio, come da uno show appena terminato. La gente, tuttavia, sembra non curarsene, ed è vivace e allegra ("Hey Mate!", ci saluta il tassista): sembra di stare a Livorno, ma Livorno è più bella.
C'è veramente poco da vedere a Liverpool, specie se non si è appassionati di musica o calcio. Nei quali casi il Beatles Museum e lo stadio di Anfield Road possono essere meta di profani (quanto opinabili) pellegrinaggi. Ciò che vale la pena vedere - oltre alla nightlife, sorprendentemente intensa in una città apparentemente grigia ed in declino - è senza dubbio l'Albert Dock, antico molo del porto, meno di un secolo fa trafficatissimo da merci ed emigranti. La pace ed il silenzio che regnano ora sono irreali, ma accompagnano egregiamente il pullulare di musei e localini "in". Il Maritime Museum (gratuito) merita: cinque piani di ricostruzioni di vita cittadina, bellica, sociale e storica del porto e della navigazione in generale. Come sempre, in un museo benfatto, alla fine si è imparato qualcosa. Skippo - volutamente - il Beatles Museum, al quale non intendo lasciare 9 pounds (anche perché non è che impazzisca per i Fab Four), così come non mi reco ad Anfield Road, tanto più che i "Red Necks" la sera stessa manderanno a casa (e con merito) la mia Juventus. Vinco la tentazione di scommettere - e passando davanti alla William Hill, è dura! - e la sera mi gusto, si fa per dire, la gioia dei "Liverpolders", che ora "la faranno vedere anche al Chelsea!" (NDA: avevano ragione!)
9, 10, 11 Aprile, Devon
Per la traversata da Exeter a Liverpool, mi servo dell'autobus: sul sito della National Express trovo un'offerta (naturalmente, prenotando con anticipo di 2 settimane) a sole 10 sterline. Il treno, pur impiegando 4 anziché 8 ore, costa il quadruplo. Scoprirò poi il perché. Dei pullman e relativo servizio mi colpisce la puntualità e la meticolosità nel check-in e nella sistemazione dei bagagli. Il viaggio, nella prima parte - fino a Birmingham - procede tranquillo. Approfitto dei 40 minuti di sosta a Bristol per farmi un paio di sandwich. A Birmingham, verso ora di pranzo, mi prendo una zuppa di verdure. E' interessante come si riesca a mangiare piuttosto sano e con poca spesa (ve lo sareste mai immaginato in UK?) in tutti i centri cittadini e le stazioni di treni e bus toccate. In Italia, per esperienza, ciò non è più possibile da anni: stiamo adottando la cultura non già del fast-food, che quello c'è sempre stato (le saraghine a scotadeti, più fast di quelle!), ma del trash food, cioè la merda a costo alto. Alzi la mano chi ancora riesce a a mangiare bene in una qualsiasi stazione d'Italia. Ovvio, poi c'è sempre l'eccezione: da Gino, di fronte alla stazione di Ancona, stoccafisso all'anconetana da urlo, a prezzo ridicolo. Ma è di fronte, non dentro, e se uno volesse solo un panino, è impossibile trovarlo.
La seconda parte del viaggio, da Birmingham a Liverpool, è un incubo: a Stoke-on-Trent, a causa di un non meglio precisato intoppo, ci troviamo in un traffi-jam da brivido. Morale: 3 ore per percorrere venti chilometri, e arrivo a Liverpool con due ore di ritardo. Fosse accaduto in Italia, giù tutti a vomitare insulti sul sistema, sul Governo (qualunque colore) e sugli italiani (se passeggeri nord-europei). Qui, la calma regna sovrana: forse è il prezzo da pagare, oltre ai 10 puond...
Intanto, il mio povero amico Hanno, uno dei pochi ancora senza cellulare (superstite!), si fa due ore di noia (e per fortuna, anche di spesa al supermercato!). Un taxi - sono molti, economici e si chiamano con un semplice cenno della mano, dovunque siano - e via verso casa per cena. La sensazione, all'arrivo, è di una città in decadenza. Un'aria strana aleggia nei quartieri, un misto tra il popolare "livornese" (e Livorno - non a caso - ha molto in comune con Liverpool) ed il grigio, come da uno show appena terminato. La gente, tuttavia, sembra non curarsene, ed è vivace e allegra ("Hey Mate!", ci saluta il tassista): sembra di stare a Livorno, ma Livorno è più bella.
C'è veramente poco da vedere a Liverpool, specie se non si è appassionati di musica o calcio. Nei quali casi il Beatles Museum e lo stadio di Anfield Road possono essere meta di profani (quanto opinabili) pellegrinaggi. Ciò che vale la pena vedere - oltre alla nightlife, sorprendentemente intensa in una città apparentemente grigia ed in declino - è senza dubbio l'Albert Dock, antico molo del porto, meno di un secolo fa trafficatissimo da merci ed emigranti. La pace ed il silenzio che regnano ora sono irreali, ma accompagnano egregiamente il pullulare di musei e localini "in". Il Maritime Museum (gratuito) merita: cinque piani di ricostruzioni di vita cittadina, bellica, sociale e storica del porto e della navigazione in generale. Come sempre, in un museo benfatto, alla fine si è imparato qualcosa. Skippo - volutamente - il Beatles Museum, al quale non intendo lasciare 9 pounds (anche perché non è che impazzisca per i Fab Four), così come non mi reco ad Anfield Road, tanto più che i "Red Necks" la sera stessa manderanno a casa (e con merito) la mia Juventus. Vinco la tentazione di scommettere - e passando davanti alla William Hill, è dura! - e la sera mi gusto, si fa per dire, la gioia dei "Liverpolders", che ora "la faranno vedere anche al Chelsea!" (NDA: avevano ragione!)
Andar per Marche: Fermo e Ciucani
New entry, dopo diverso tempo, nella sezione "Andar per Marche": è il turno di Fermo, bellissimo paese ora assurto al rango di capoluogo di Provincia, e dell'olio di Ciucani.
Cliccate qui per l'articolo.
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Tuesday, May 03, 2005
Diario UK: 9, 10 e 11 Aprile
(il giorno prima, 8 aprile)
Il treno per il Devon è come uno si immagina siano i treni "europei": pulito, puntuale, preciso, silenzioso, ovviamente con posto a sedere garantito e comprensivo nel biglietto. Anche il prezzo - ahimé - è come uno si immagina: 36 Pounds per farsi 3 ore e poco meno di 350 chilometri. Ancona - Roma, stesso tragitto, costa un terzo (metà con l'Eurostar).
Una cosa mi colpisce subito, nel viaggio, anzi - due: la prima sono i tabelloni luminosi delle stazioni, con il nome del treno in arrivo, l'elenco delle fermate e l'orario con i secondi che girano, il che dà un effetto "puntualità" davvero impressionante (e darebbe un effetto ritardo devastante se il treno subisse ritardi).
La seconda cosa è la parola "calling" per indicare le fermate, anziché "stop": qui è nato il treno, ed ovviamente, all'inizio non c'erano cartelli o altoparlanti, perciò alla fermata si "chiamava" (to call). Immagino il capotreno che urla "Exeter! Exeteeeeer!", o come da noi, prima della guerra, nel varesotto: "Lomazzo! Chi scende Lomazzo?" "Chi sale lo strozzo!" (vecchia battuta di quelle parti quando si parla del paese di Lomazzo).
Come il treno esce da Londra, dopo venti minuti, il verde la fa da padrone. Non immaginavo che in UK esistessero posti così luminosi, accoglienti e assolati come il Devon. Capisco perciò come mai la vecchia nobiltà inglese (e qualche pensionato tradizionalista di oggi) scegliesse Devon e Cornwall per passare le vacanze. Qualcosa di simile a Capri, Sanremo, Portofino o Forte dei Marmi, meno, molto meno a Riccione e Riviera Romagnola, più per la massa che per i ricchi, più da boom industriale che da Belle Epoque.
Però, Capri, Portofino et similia sono molto, ma molto più belli del Devon; questa regione mi ricorda tanto le mie Marche. Ed Exeter è così simile ad Ancona: capoluogo di una regione bellissima, stesso numero di abitanti, stessa sorte in guerra, stessa ricostruzione squallida e disordinata anche in alcune zone del centro, ed una bellissima cattedrale. L'aria è molto diversa da Londra: calma, tranquillità, facce sorridenti, gente rilassata, trenini diesel (come i regionali per i pendolari di quaggiù). E così arrivo a Topsham: basta paragoni, questo paesino è incantevole e l'unico nel suo genere che abbia visitato. In dieci minuti a piedi raggiungo il lungofiume, dove abita il mio amico Marc, che assieme a Geoff, geologo di esperienza internazionale, ha aperto un piccolo club di appassionati del vino, dove vende ed effettua degustazioni di vino italiano. Primi arrivi del neonato club sono Barolo e Verdicchio, Piemonte e Marche, due terre a cui il Devon somiglia non poco. E' qui, come in Piemonte, che sono state costruite le prime infrastrutture della Gran Bretagna: il primo canale, infatti, a metà del '600, fu scavato da Exeter, proprio per scavalcare Topsham, che coi suoi gabellieri rovinava gli affari al capoluogo (tutto il mondo è paese).
Tantissime le cose che mi affascinano in questi 3 giorni nel Devon: i maiali che scorrazzano liberi nei prati, i campi, la pulizia e la cura per l'ambiente, l'acqua che muta costantemente di livello nel fiume, a causa delle maree del vicino Channel (Topsham è a 10 chilometri scarsi dalla foce). E ancora il Bridge Inn, pub ultra-centenario, l'unico visitato - e a ragione - dalla Regina d'Inghilterra, con una birra artigianale eccellente; ed il golf club, con piscina scoperta, sauna, bagno turco, sauna, campi da tennis, squash, palestra, golf, pub e ristorante (forse mi dimentico qualcosa!). Infine il cibo: quest'angolo di Inghilterra non ha nulla da invidiare all'Italia, che invece sta percorrendo disastrosamente la scarpata del "tipico, italico, dunque buono". Qui la gente non presume: assaggia, pensa, valuta, e decide. In poche parole, usa il proprio cervello.
Sarà anche per questo che sono venuto sin qui a promuovere le Marche, che gli appassionati del vino sono desiderosi di conoscere: parlo, discorro, mi chiedono, e intanto bevono Verdicchio, Rosso Conero, "Braccano" (il capolavoro di Mecella!).
E' tempo ormai di rimettersi in viaggio: martedì mattina, 12 aprile, prenderò il pullman da Exeter: l'ultimo tramonto sul fiume Exe (Exmouth il paesino in cui sfocia: ecco il perchè di Bournemouth, Plymouth...), dalla bellissima Devon Kitchen di Marc, e poi a nanna, per una giornata che si profila piuttosto stancante.
(qualcos'altro sul Devon, in Inglese, con le foto, si trova qui)
Il treno per il Devon è come uno si immagina siano i treni "europei": pulito, puntuale, preciso, silenzioso, ovviamente con posto a sedere garantito e comprensivo nel biglietto. Anche il prezzo - ahimé - è come uno si immagina: 36 Pounds per farsi 3 ore e poco meno di 350 chilometri. Ancona - Roma, stesso tragitto, costa un terzo (metà con l'Eurostar).
Una cosa mi colpisce subito, nel viaggio, anzi - due: la prima sono i tabelloni luminosi delle stazioni, con il nome del treno in arrivo, l'elenco delle fermate e l'orario con i secondi che girano, il che dà un effetto "puntualità" davvero impressionante (e darebbe un effetto ritardo devastante se il treno subisse ritardi).
La seconda cosa è la parola "calling" per indicare le fermate, anziché "stop": qui è nato il treno, ed ovviamente, all'inizio non c'erano cartelli o altoparlanti, perciò alla fermata si "chiamava" (to call). Immagino il capotreno che urla "Exeter! Exeteeeeer!", o come da noi, prima della guerra, nel varesotto: "Lomazzo! Chi scende Lomazzo?" "Chi sale lo strozzo!" (vecchia battuta di quelle parti quando si parla del paese di Lomazzo).
Come il treno esce da Londra, dopo venti minuti, il verde la fa da padrone. Non immaginavo che in UK esistessero posti così luminosi, accoglienti e assolati come il Devon. Capisco perciò come mai la vecchia nobiltà inglese (e qualche pensionato tradizionalista di oggi) scegliesse Devon e Cornwall per passare le vacanze. Qualcosa di simile a Capri, Sanremo, Portofino o Forte dei Marmi, meno, molto meno a Riccione e Riviera Romagnola, più per la massa che per i ricchi, più da boom industriale che da Belle Epoque.
Però, Capri, Portofino et similia sono molto, ma molto più belli del Devon; questa regione mi ricorda tanto le mie Marche. Ed Exeter è così simile ad Ancona: capoluogo di una regione bellissima, stesso numero di abitanti, stessa sorte in guerra, stessa ricostruzione squallida e disordinata anche in alcune zone del centro, ed una bellissima cattedrale. L'aria è molto diversa da Londra: calma, tranquillità, facce sorridenti, gente rilassata, trenini diesel (come i regionali per i pendolari di quaggiù). E così arrivo a Topsham: basta paragoni, questo paesino è incantevole e l'unico nel suo genere che abbia visitato. In dieci minuti a piedi raggiungo il lungofiume, dove abita il mio amico Marc, che assieme a Geoff, geologo di esperienza internazionale, ha aperto un piccolo club di appassionati del vino, dove vende ed effettua degustazioni di vino italiano. Primi arrivi del neonato club sono Barolo e Verdicchio, Piemonte e Marche, due terre a cui il Devon somiglia non poco. E' qui, come in Piemonte, che sono state costruite le prime infrastrutture della Gran Bretagna: il primo canale, infatti, a metà del '600, fu scavato da Exeter, proprio per scavalcare Topsham, che coi suoi gabellieri rovinava gli affari al capoluogo (tutto il mondo è paese).
Tantissime le cose che mi affascinano in questi 3 giorni nel Devon: i maiali che scorrazzano liberi nei prati, i campi, la pulizia e la cura per l'ambiente, l'acqua che muta costantemente di livello nel fiume, a causa delle maree del vicino Channel (Topsham è a 10 chilometri scarsi dalla foce). E ancora il Bridge Inn, pub ultra-centenario, l'unico visitato - e a ragione - dalla Regina d'Inghilterra, con una birra artigianale eccellente; ed il golf club, con piscina scoperta, sauna, bagno turco, sauna, campi da tennis, squash, palestra, golf, pub e ristorante (forse mi dimentico qualcosa!). Infine il cibo: quest'angolo di Inghilterra non ha nulla da invidiare all'Italia, che invece sta percorrendo disastrosamente la scarpata del "tipico, italico, dunque buono". Qui la gente non presume: assaggia, pensa, valuta, e decide. In poche parole, usa il proprio cervello.
Sarà anche per questo che sono venuto sin qui a promuovere le Marche, che gli appassionati del vino sono desiderosi di conoscere: parlo, discorro, mi chiedono, e intanto bevono Verdicchio, Rosso Conero, "Braccano" (il capolavoro di Mecella!).
E' tempo ormai di rimettersi in viaggio: martedì mattina, 12 aprile, prenderò il pullman da Exeter: l'ultimo tramonto sul fiume Exe (Exmouth il paesino in cui sfocia: ecco il perchè di Bournemouth, Plymouth...), dalla bellissima Devon Kitchen di Marc, e poi a nanna, per una giornata che si profila piuttosto stancante.
(qualcos'altro sul Devon, in Inglese, con le foto, si trova qui)
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